Vissani.  E’ passato un anno e sono un po’ in apprensione. Chissà perché? Raggiungo l’amico di sempre Carlo Pagliacci, il mitico Olio Cipolloni!, al Frantoio a Foligno ed insieme ci avviamo verso Baschi. La sera prima una catastrofe atmosferica ha coperto di acqua e fango i dintorni del Ristorante Vissani che danno verso Orvieto. Il traffico è concitato e compresso. Lunghe code intasano la E45. Una scusa per chiacchierare con Carlo Pagliacci di olio. Un mondo che mi affascina e che ogni volta mi sorprende. Abbiamo in macchina l’olio nuovo. Non filtrato, come piace a Gianfranco.

Il Maestro con Luca è in cucina. Sta sfogliando la sua ultima fatica letteraria (a breve ne saprete particolari più dettagliati). Mi fa vedere le foto in bianco e nero di Mamma Eleonora, gli ulivi, i suoi ragazzi. Un libro di ricordi. Nei suoi ricordi la storia della cucina italiana.

Andate a mangiare! ci ordina con il suo fare che ormai è noto a tutti. Ci accomodiamo nella sala piccola che un tempo era il Vissani. Accanto al nostro tavolo una giovane coppia festeggia i 3 anni di matrimonio. Lei è una deliziosa coreana, lui un abruzzese. Come spesso avviene da Vissani (e non da altri potete starne certi) ci intratteniamo con la giovane coppia appassionata di arte e architettura. Non potevamo scegliere argomento migliore.

I piatti (beati noi stiamo sperimentando nuove creazioni e quindi niente foto, anzi! Gianfranco mi dice delicato: metti via quel telefonino e mangia!) sono micro-porzioni geometriche anche nelle zuppe e nelle salse. Abbinamenti improbabili e se, solo raccontati, immangiabili. Ma dalla sua mente vengono elaborati nella loro complessità ed il boccone, perché si tratta di un boccone, ha un sapore unico, mentre si distinguono nella masticazione i diversi ingredienti.

Faccio un esempio: Microscopico würstel ovale di pollo, involtino di pasta ripieno di crauti croccanti, salsa di pomodoro, tè alla senape. Due dadi speculari di fegato grasso scottati in padella con tartufo nero e tabacco. Densa composta di fico bianco avvolta come in un fazzoletto da una culaccia trasparente. Boccone di maiale  in salsa di pere e noce di cocco…

La foto qui sopra l’ho scattata prima del black-out imposto dal Maestro. Del resto ha ragione. Mi da fastidio a pelle vedere quelli che prima di mangiare fotografano il piatto. Lo faccio anche io. E mi dò fastidio da sola…

I grissini del Vissani sono sempre diversi ogni volta che li mangi. Puoi andare oggi e domani non li trovi più. Carlo Pagliacci mi ricorda di una cena (due decenni fa?) accompagnata da grissini al fegato grasso. Non li ha più fatti! si dispera Carlo. E si dispera veramente. I pani dal Vissani valgono il viaggio.

Questo bianco qui sopra ci ha permesso di fare scarpetta con l’olio nuovo non filtrato Cipolloni. Un pane commovente che sembra sussurrare: scrocchiami e mangiami.

A fine serata giochi di gelato e piccola pasticceria degna della sigla finale delle più belle favole del mondo. Sono 24 anni che mangio la cucina di Vissani. 24 anni che torno a casa la sera e mi ricordo tutti i piatti. Vi garantisco che è un buon segno.

Provate a uscire da un ristorante e a ricordare un piatto, due o anche tre. E’ un gioco che non sempre riesce.