… di Nicola Dal Falco. 

Tra le case basse e intricate di San Sperate, vicino a Cagliari, si apre uno spiazzo altrettanto intricato e monumentale, formato da pietre di diversa altezza e larghezza, messe in piedi nell’apparente confusione di un orchestra.
Viste al tramonto paiono nutrirsi d’ombra, e, al contrario, in un mattino di sole, bersi la luce da ogni poro.
Andrebbero interrogate da sole, prima di aver conosciuto Pinuccio Sciola, il loro amorevole accordatore, scultore di pietre sonore, avendo già esse stesse, per virtù di pietre erranti, la capacità di dire senza intermediari.
Entrando nel cortile di casa, accanto ad ogni pietra sono raccolti come una figliolanza ancora imberbe, dei semplici sassi. Tondi, ovali, levigatissimi.
Con questi, ma anche a mani nude, Sciola scioglie le pietre in musica, facendole vibrare attraverso un reticolo di quadrati o dei tagli verticali. Rughe perfette e nocche che a seconda del tipo di pietra rispondono alla carezza, cantano il loro canto corporale e cosmico. Certo, la prima impressione è che un demone ragionevole, troppo ragionevole, vi abbia imprigionato il vento che spazza l’isola da tutti i quadranti. Poi, però, lo stesso Sciola sa precisare meglio quale sia il demone che le abita.

Echi d’acqua e di fuoco

«In questo calcare – spiega, passando una mano dolce e ferma d’ostetrica – è un suono d’acqua fossilizzata, un’ eco di mari antidiluviani, di pozze asciugate e interrate, qui, invece – e tocca, arpeggiando rapido un basalto – c’è misurato il calore e il guizzo del fuoco, la pietra che bolle e si dimena, soffiando aria compressa nel primissimo forno».
Ed è ovvio che aggiunga di non aver inventato nulla – sottolineando quel nulla che riempie sempre il cercatore incantato – ma semmai di aver liberato il suono che scaturiva, battendo pietre diverse.
C’è da immaginarselo mentre, all’inizio dell’inizio, se ne va picchiettando col martello, come sul ginocchio di un paziente, le pietre sparse per i campi, provandone i riflessi e percependone, invece, il vagito.  Nella Sardegna megalitica, assenti la vipera e il terremoto, quanto esiste di incognito e panico perdura nel paesaggio, nel suo viso e scheletro di pietra. Ascoltando certe armonie, liberate dalle venature di un masso, sorge anche il dubbio che nell’immobilità e nel silenzio della pietra si celi un viaggio remoto che percorrendo spazi incommensurabili abbia captato suoni d’altri mondi.

Forse, suggerisce Sciola, in questa materia, in saecula saeculorum, si annidano ancora polvere e frammenti di stelle, precipitati, depositando la scia di un altrove.
È vero, prima della parola c’è stato il suono e prima ancora un gesto.
Nelle pietre sonore di Pinuccio Sciola da San Sperate, provincia di Cagliari, coabitano un suono originario e un gesto che libera dal mutismo delle cose grazie al linguaggio puro delle intenzioni.
Si potrebbe dire amore, condividendo la scelta dei frati di Assisi che ne hanno esposto le sculture o quella dei musicisti che si sono confrontati con il canto primevo dei basalti e dei calcari, fatto sta che lo scultore musicante non si limita a trovare pietre, ma a sentirle nelle sue lunghe passeggiate.
Quasi fossero loro stesse a lasciarsi scegliere. Un’ultima cosa, stranamente o forse no, il marmo di Carrara così zuccherino e luminoso non suona.
Sciola è in grado di provarlo, relegandolo tra le statue-statue e i pavimenti specchianti delle cancellerie.