Incisioni su legno di grande formato
Olio Officina Food Festival, Palazzo delle Stelline, Corso Magenta, 61, Milano
24-25 gennaio 2014, ore 9-20, Inaugurazione 23 gennaio, ore 20 circa
Opere di Elisabetta Casella, Paolo Dolzan, Piermario Dorigatti,
Paolo Facchinelli, Gaia Gianardi, Luciano Ragozzino
A cura di Nicola Dal Falco
Milano – Il terzo incontro con Olio Officina Food Festival Condimenti per il palato & per la mente, in programma al Palazzo delle Stelline dal 24 al 25 gennaio, riserva tra i condimenti per la mente, pensati da Luigi Caricato, una “grande” sorpresa.
È la mostra di sei eroici xilografi, impegnati in opere che in certi casi superano i tre metri di lunghezza.
«Dopo l’olio democratico, concetto lanciato nella passata edizione di Olio Officina Food Festival – sottolinea l’ideatore e organizzatore del festival – quest’anno il tema portante della terza edizione del grande happening incentrato sui condimenti per il palato e la mente, è l’anima sociale dell’olio.
«Da qui lo slogan Dacci oggi il nostro olio quotidiano. Si tratta di ripensare e riformulare l’olio da olive non solo come functional food, ma anche come alimento del riscatto e dell’appropriazione di sé. Olio è civiltà.
«Una sfida che coinvolge tutti i livelli dell’esistenza e ancor più quello artistico attraverso cui corpo, mente ed anima, affrontano insieme l’esperienza della conoscenza».
Dall’introduzione del catalogo
«Per avere un’idea di cosa sia stato messo in mostra – scrive Nicola Dal Falco nell’introduzione al catalogo – bisogna ricorrere ad Albrecht Dürer ed usare come termine di paragone il suo Arco trionfale, dedicato a Massimiliano I d’Asburgo, imperatore del Sacro Romano Impero.
«Quelle centonovantadue tavolette di legno che, incise e affiancate, permisero di stampare un foglio di tre metri per tre.
Oppure, pensare al Carro trionfale, sempre di Dürer, su cui incede come un sole lo stesso imperatore, occupando un leporello di tre metri di lunghezza per cinquanta centimetri circa di altezza.
Due opere in cui, celebrando l’erede di Carlo Magno, la finezza dell’intaglio sfida le misure di una tela d’altare.
«Nella storia dell’incisione, fu proprio il Cinquecento a segnare l’apice della xilografia contemporaneamente all’introduzione sempre più massiccia ed esclusiva delle lastre metalliche.
Solo tre secoli dopo, l’uso dell’antica tecnica, nata in Cina nell’VIII secolo dopo Cristo, tornò a farsi spazio nel campo dell’arte e dell’editoria, trascinata dalla grande stagione dell’Espressionismo.
«Ed oggi, a Milano, pur senza committenti imperiali o curiali, l’eroica impresa cinquecentesca si ripete nel chiostro del Palazzo delle Stelline. I sei incisori, condizionati come allora dalle dimensioni del torchio, hanno costruito la loro mappa di segni, incidendo, inchiostrando e stampando i tasselli che compongono la visione finale.
«Che cosa li spinga a una tanta, inattuale, fatica può essere forse spiegato, partendo proprio dal procedimento, dal lavoro che mentalmente e fisicamente li costringe, fino all’ultimo, a rimanere in equilibrio tra il dettaglio e l’insieme dell’opera.
«Siamo ancora in una dimensione artistica, dove il significato della parola arte non si perde in una pura e semplice espressività, nella solida bestialità di un oggetto o, all’opposto, in un sublime aerosol concettuale».
La mostra Per xilo e per segno ha per cornice uno dei lati del chiostro del Palazzo delle Stelline.
L’impatto visivo delle xilografie tra i cui soggetti troviamo L’albero dell’Eden, Il Coccodrillo, La Cazza Selvadega, Lilith, Quadriga, SGN… è amplificato dalla collocazione stessa delle opere, appese alle volte come in una quinta aerea.