di Nicola Dal Falco
San Quirico d’Orcia – La verità del mondo è la sua rappresentazione, l’immagine che ci creiamo di esso. L’arte ha il compito di formulare continuamente la percezione dello spazio e del tempo in cui ci ritroviamo immersi, fondando e rifondando la visione della realtà. Una questione che appare scontata per la fotografia: scattare è prelevare dal mondo frammenti importanti o meno della sua esistenza.
C’è chi, però, come nel caso di Dominique Bollinger, utilizza la potenziale esattezza della fotografia per ottenere un risultato opposto che poco ha a che fare con ciò che cade comunemente sotto il nostro sguardo.
Anzi, i suoi scatti sembrano sottolineare la differenza tra la semplice (e tirannica) funzione della vista e la possibilità (la libertà/responsabilità) di vedere, tra ciò che appare e ciò che, invece, affiora, caricando di significato non solo le pieghe del paesaggio, ma anche le increspature del tempo.
Lo sforzo di vedere ha come prima istanza la meraviglia e come scopo finale il desiderio di ricongiungersi più che con il paesaggio con l’idea di paesaggio, mutevole e unica in base ai luoghi e alle circostanze.
La cosa mi pare particolarmente evidente nella fotografia che ritrae il paese di Rocca d’Orcia (2013).
Uno scatto che, catturando l’attimo di tregua di un temporale, trasforma il paese in una contrada sognante, in un tarocco medievale.
La densità dell’immagine sembra mostrare in filigrana la vita che scorre ora, all’indietro e in avanti.
Lo stesso effetto si rinnova in un’altra foto (La barrière de bois, 2010)che ritrae una siepe e un cancello improvvisato, sempre nello stesso paesaggio, dentro una tale vastità di cielo da superare l’idea del confine tra due campi e diventare la porta di un altrove.
Probabilmente, l’emozione estetica riguarda la sospensione nell’attimo, quel frangente in cui, ragionando, separiamo il prima dal dopo, ma che in realtà è un tutt’uno tra paesaggio, tempo e sguardo.
In questo processo, molto dipende, oltre che dalla tecnica scelta, dal bianco e nero, così bianco e nero, interstiziale, da raccogliere come in un setaccio tanto il peso che la luce e l’ombra delle cose.
Ciò che Dominique Bollinger fotografa è la parte non finita o meglio infinita della cosiddetta realtà.
Alla domanda se immagina il paesaggio come un corpo o come una scena, la risposta immediata è: «lo penso come una scenografia»!
Bollinger usa soprattutto il banco ottico, la grande camera a lastre, su treppiede di legno, anche in una versione a mano, più leggera e rapida nello scatto.
Questa scelta démodé non esclude, naturalmente, macchine fotografiche più compatte come una Leica e una Rollei.
Per quanto riguarda, invece, la carta su cui stampare, Bollinger preferisce la carta cotone al cento per cento «perché non ci sono acidi e per la sua morbidezza, quasi sensuale, al tatto».
Anti impressionista
Anche se, da tempo, Bollinger vive e lavora a Monte Porzio Catone, sulle pendici dei Colli Albani, è e resta francese.
Stupisce, allora, quanto il risultato della sua ricerca si posizioni agli antipodi dell’Impressionismo.
Proprio ciò che l’Impressionismo, nella sua audacia, proponeva: una visione “mossa”, fuggente, aderente a quella che si presenta all’occhio, in grado di cogliere, oltre un certo limite, solo della macchie, viene ribaltata da Bollinger.
La magica precisione, l’abbraccio vicino e lontano dei dettagli, servono un’altra estetica, direttamente proporzionale all’uso di negativi di grande formato, 20×25 centimetri.
Tre metodi di stampa
«È la grandezza del negativo – spiega – che mi permette una tale ricchezza di particolari. Io uso tre tipi di stampa. Un metodo è quello di scannerizzare i negativi, dopo averli sviluppati con estrema cura. Una volta ottenute le scansioni digitali, stampo su carta cotone con getti di inchiostro ai pigmenti.
«Un secondo metodo, denominato stampa all’argento, prevede l’utilizzo dell’ingranditore, esponendo i negativi sulla carta baritata.
La terza possibilità – continua il fotografo – è di preparare un pezzo di carta cotone, su cui stendere col pennello una miscela di ossalato ferrico, sali di platino e palladio.
«I negativi sono esposti a contatto, il che significa che le misure della lastra e della stampa coincidono perfettamente. Quest’ultima viene impressa, esponendola alla luce ultravioletta. La stampa al platino e al palladio è la regina delle stampe oltre ad avere una grandissima stabilità nel corso del tempo».
Roma e la Sicilia
Curiosando nel sito di Bollinger, si incontra anche una Roma metafisica, più che teatrale cinematografica, nella perenne riproduzione di se stessa, vera/falsa: perfetta per ospitare l’intelligente solitudine del viandante.
E accanto troviamo Stromboli e altri scorci siciliani dove il bianco delle case cola direttamente da un sopramondo di ghiacci eterni o di cumulonembi, acqua e vapore, meravigliosamente solidi, geometrici, ineluttabili.
Muri ad angolo o stondati così zuccherini che la luce che si impregna galvanizza l’immagine; una luce cubica da distribuire in zollette, in mattoncini lego per ricostruire altrove lo stesso profilo ideale, assoluto, fuori così accecante da caricarsi dentro dell’ombra necessaria per vivere, per offrire il giusto oblio del mondo.
Dominique Bollinger
Associazione Culturale Orcia Fine Art Photography
via Dante Alighieri, 70b
San Quirico d’Orcia
Siena
www.dominiquebollinger.com
tel. 06.9448971; 328.6248254
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