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Jacqueline Liekens

di Nicola Dal Falco.

I libri si stampano, spesso con brutte copertine, e si ricoprono, più o meno diligentemente, per evitare di sporcarli o rovinarli. A questa attività domestica e scolastica può affiancarsi un’arte, l’arte di rilegare, di vestire i libri, di farli apparire. Non un’apparenza sciocca, vanitosa, ma un modo di mostrare il testo prima ancora di abbandonarsi alla lettura.
Un’operazione che, in fondo, si basa su di un paradosso. Si ricoprono libri che possono avere tanto un grande quanto un irrisorio valore economico, per metterli a nudo, in una nudità da offrire all’occhio e al tatto. E l’uso della pelle è forse l’estremo, affettuoso, tentativo di trasformare quegli oggetti familiari, che possono arricchire, sconvolgere o distrarre la vita, in oggetti viventi, più somiglianti agli stessi lettori, più umani.
Ho conosciuto, nell’arco di una breve e stuzzicante mattinata fiorentina, una di questi artisti, capaci di realizzare il taglio adatto, di fornire l’abito adamitico ai libri che le vengono affidati come si affida la figlia prediletta, uno zio geniale, un amico in viaggio.
Vestire qualcosa che resta comunque impalpabile, come la forza di un ricordo, un ricordo letto.
Perché non c’è mai soltanto il libro, l’argomento, lo stile, le considerazioni dell’autore c’è anche il luogo e il tempo, in cui l’hai avuto in mano; magari il dono o il momento dell’acquisto.
Jacqueline Liekens è una signora belga, con ascendenze meridionali, implacabile sorriso, grandi occhi e precisissime mani, considerata un maestro, spesso presente all’appuntamento annuale Éphémeres che l’associazione Amis de la Reliure Originale organizza a Parigi.
Da che parte incominciare? Dall’occhio che si fa tatto o viceversa. I lavori di Jacqueline Liekens sono tutti lavori unici, nati senza fretta, dopo un’approfondita lettura del libro, quasi un abbraccio che possa guidarla verso un misuratissimo colpo d’occhio.

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La vie mode d’emploi

Verso “la” rilegatura che vestirà i pensieri scritti, le emozioni, le scene, l’atmosfera di un testo romanzesco, poetico o saggistico.
«A volte – racconta Jacqueline Liekens in un’intervista, pubblicata in Art & Metiers du Livre – un colore, una parola mi suggeriscono l’idea. Mi è anche capitato di alzarmi nel bel mezzo della notte per fissarla su un foglio».

Un libro rilegato non deve raffreddare la mano

Preferisce lavorare, ascoltando della musica, preparando una maquette, ma anche incidendo direttamente il cuoio.
Nonostante la nota impazienza dei bibliofili, il lavoro procede con assoluto rigore e se qualcosa va storto si ricomincia da capo.
Come ripete ai suoi allievi: «non vanno tollerati errori, perché un errore non sparisce mai, piuttosto si ingrandisce».
Se dovessimo applicare una categoria spirituale al suo stile, dovremmo avvicinarlo all’idea della grazia come la concepì il giansenismo. Agli uomini non basta la buona volontà per servire Dio, occorre una Sua particolare, esclusiva, benedizione. È la grazia ad agire nel mondo, a purificarlo.
Ne consegue che la perfezione non è a portata di mano né di tutti e quando si manifesta è un dono austero, un frammento divino.
In sintesi, per Jacqueline Liekens, la bellezza dei materiali si sposa con la massima rarefazione possibile del decoro.
Così, le sue rilegature tendono a divenire bidimensionali, innervate da linee e segmenti.
«Più evocative che narrative», il che non esclude l’aspetto sensuale della rilegatura in cuoio.
«Occorre che il libro – sottolinea nella stessa intervista – rimanga un oggetto piacevole. Deve essere morbido e caldo al tatto. Non deve raffreddare la mano».

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L’Oeuvre au Noir

Ed ecco tre piccole note su altrettanti libri, rivestiti dalla Liekens. In La vie mode d’emploi di George Perrec si racconta di un palazzo e delle persone che vi vivono, costruendo un itinerario di appartamento in appartamento, senza mai ripassare dalla stessa stanza.
Non a caso i personaggi principali, quelli che veramente interessano Perec sono un pittore e un praticante e costruttore di puzzle. La copertina allude con il bianco al vuoto da riempire, alle tessere ancora volanti o rovesciate del puzzle. Il riquadro intorno al libro attende l’intera sfilata dei personaggi e la rete di righe impresse simboleggia i vani del palazzo che fa da sfondo e fornisce la struttura del testo.

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Le Charme de Venise

Parlando del suo libro L’Oeuvre au noir,la stessa autrice, Marguerite Yourcenar, ammette di considerare il personaggio di Zenone, alchimista e filosofo, alla stregua di un fratello, la cui ricerca procede nel nero, nel bianco e nel rosso, i tre gradi di trasformazione della materia e di elevazione dello spirito: nigredo, albedo e rubedo.
Tutto è uno. Questo è il segreto dei segreti che l’alchimia sperimentava sul piano pratico e su quello sottile. Tutto si ripete e sboccia nel nero, nel fondo dell’Athanor, il forno della non morte, come ci ricorda la copertina.
L’ultimo esempio è forse uno dei lavori più raffinati, eseguito per custodire Le Charme de Venise di Camille Mauclair illustrato da Henri Cassiers.
Il canto che un esponente del simbolismo dedica alla città più fisica, sensuale ed evanescente che ci sia. Città specchio di se stessa, così unica ed esplicita da generare un’impressione opposta di irrealtà. Il paesaggio orizzontale che emerge su un fondo ramato sembra contenere una creatura affiorante.
Il dettaglio imprevedibile è che la pelle maculata, usata dalla rilegatrice, altro non è che un pelle di leone marino.

Jacqueline Liekens, tel. 0032(0)475.555.958 jacqueline.liekens@skynet.be 

Le foto sono di Jacqueline Liekens, Jane Griffith, Luc Schrobiltgen