La seconda ricetta di Valeria Leotta è all’estremo opposto della prima, dedicata alle arancine. Si passa da un estremo salato ad un estremo dolce. In mezzo, il silenzio di un convento di clausura, che, in certe occasioni, diventa il centro del mondo, del gran mondo, a cui mandare un messaggio in forma di ricetta, lo stesso che molte fanciulle avevano dovuto abbandonare per prendere il velo.
La cucina dei conventi è speculare alla cucina di strada come mi ha sempre detto il grande Ibleo, Ciccio Sultano, ma il bello è che questo piatto, che sostituisce il cannolo alla siciliana, in tempi di pascoli secchi, quando scarseggia la ricotta di pecora, sembra andare oltre le più pie intenzioni.
Il significato del nome, quello più plausibile, ce lo spiega bene Leotta, ma l’immagine in sé della murena non può essere solo legato ad una sfumatura di colore. L’altra sfumatura affiora spontanea, ricordando che nei bestiari medievali la “meraviglia” della murena consisteva nel fatto che nascono solo murene femmine e che, per garantirsi una discendenza, dovevano salire a terra e unirsi alle vipere.
Vipere maschio, s’intende. Forse, quel nome che battezza una elaborata dolcezza potrebbe anche nascondere un lapsus.
Nicola Dal Falco
Un dolce di clausura di Valeria Leotta
A dispetto del nome, l’”ova a murina” (definizione che si potrebbe tradurre come “uova a foggia di murena”) non è una fantasiosa entrée a base di pesce, ma un dolce raffinato, partorito dall’immaginazione delle suore di clausura del convento della Badia Grande di Sciacca in un’epoca ormai remota, che alcuni fanno risalire al XVII secolo.
Si narra che le suore fossero in cerca di un’alternativa estiva al tradizionale cannolo siciliano, impossibile da realizzare nei mesi caldi, vista la scarsità di ricotta ovina: nel periodo in cui il paesaggio diventava assolato e riarso, le pecore, private dei pascoli, davano una quantità di latte insufficiente a produrre la ricotta, circostanza che privava le tavole di alti prelati e grandi signori di un dessert talmente famoso da essere considerato imprescindibile.
Così, sembra che le suore si adoperassero per inventare un dolce simile nell’aspetto al cannolo, benché del tutto diverso nel sapore.
Una crêpe, resa scura dall’impiego di mandorle tostate e cacao, sostituì la friabile scorza del più noto antesignano, e la crema di latte bovino, arricchita di scaglie di cioccolata e zuccata, rimpiazzò la ricotta (che in Sicilia è obbligatoriamente di pecora).
Credo che il nome del piatto abbia origini meno esotiche di quanto si potrebbe pensare, visto che in questa zona della Sicilia la frittata si chiama “ova a pisci” e che, con ogni probabilità, il colore che l’ingrediente base del dolce assume – un marroncino marezzato che ricorda la livrea dell’abitante del mare – diede a una delle suore, la più fantasiosa nonché intraprendente dal punto di vista linguistico, l’idea di trasformare il pesce in murena, considerato che, tutto sommato, pur sempre di una frittatina si tratta. E pazienza se un dessert con il nome di un pesce produce un effetto un po’ stravagante.
Quando ero bambina, la ricetta era ormai uscita dal convento, ma era appannaggio di un numero ristretto di famiglie, tanto che l’”ova a murina” era una rarità.
Il merito di averla sottratta all’oblio spetta a Nino Bentivegna che, un buon numero di anni fa, cominciò a proporla nel suo ristorante, l’Hostaria del Vicolo, facendole vivere una seconda giovinezza e ridandole la notorietà che merita.
INGREDIENTI
Per le crêpes
Tenuto conto che con 6 uova otterrete circa 30 sfoglie (fritte in un padellino di 12 cm. di diametro), per ogni uovo vi serviranno:
30 gr. di mandorle tostate e tritate (non troppo finemente)
25 gr. di zucchero
vaniglina (una bustina per l’intero composto), cannella in polvere (il mio consiglio è di utilizzare quella in stecche, riducendola in polvere con un macinacaffè, per esempio), una tazzina di caffè, il cacao in polvere necessario a conferire alla crêpe un bel colore marrone.
Per il ripieno
1 lt di latte
100 gr. di amido di frumento
200 gr. di zucchero
la scorza di un limone non trattato
(dose per 6 uova)
Cioccolata fondente in scaglie e zuccata siciliana (la zuccata è una marmellata ottenuta con un particolare tipo di zucca. Se non ne avete a disposizione, dovrete farvene una ragione e rinunciarvi…).
Cominciate preparando la crema. Versate il latte in una casseruola, tenendone un po’ da parte per sciogliere l’amido, operazione che vi consentirà di non vederlo raggrumarsi quando lo verserete nella pentola contenente il latte. Unite lo zucchero e la scorza di limone e portate a bollore, mescolando continuamente per evitare che il composto si attacchi al fondo della pentola e formi grumi. Quando la crema si sarà addensata e comincerà a sobbollire, spegnete il fuoco, eliminate la scorza di limone e sobbollire, spegnete il fuoco, eliminate la scorza di limone e disponetela su un piatto da portata per farla raffreddare.
Una volta che si sarà raffreddata, unite la cioccolata in scaglie e la zuccata, e mescolate il tutto. Esiste una versione dell’ova a murina che prevede di riempire metà della crêpe con la crema di latte condita con la cioccolata e metà con la zuccata: nel caso in cui disponiate della zuccata e optiate per questa versione, riducete la quantità di crema e incorporate solo la cioccolata.
La sfoglia
Passate, quindi, alla realizzazione della sfoglia. Rompete le uova in una terrina e sbattetele; poi, aggiungete le mandorle e tutti gli altri ingredienti, amalgamando bene il composto.
Ungete un padellino con poco burro.
Quando il burro sarà caldo, versate il composto necessario a formare, inclinando il padellino, un velo sul suo fondo, e lasciatelo rapprendere. La crêpe va cotta solo da una parte e riempita finché è calda e morbida, altrimenti tenderà a rompersi. Ultimata la cottura, disponetela su un piano di lavoro e cominciate a friggere la sfoglia successiva.
Mentre aspettate che sia pronta la seconda crêpe, distribuite uno strato di crema sulla superficie della prima (ovvero rivestitela con metà crema e metà zuccata, se preferite la versione con i due ingredienti separati) e, poi, ripiegate delicatamente due dei lembi fino a farli combaciare, in modo da ottenere una sorta di cannolo, tenendo conto che l’ova a murina va servita nel senso opposto rispetto al cannolo, cioè con i lembi rivoltati poggiati sul piatto da portata.
Continuate, ungendo il padellino ogni volta che sarà necessario, fino a esaurimento degli ingredienti. Disponete le ova a murina su un piatto da portata e spolverizzatele con zucchero al velo mischiato a cannella in polvere.
Sono certa che il profumo della cannella che aromatizza il composto e l’incontro tra gli ingredienti non faranno rimpiangere il più illustre cannolo.
Valeria Leotta
Olio Bellapietra
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Sciacca (AG)
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