di Nicola Dal Falco
Faiolo – Tutti i paesi avevano e alcuni hanno ancora un punto di gravità, un luogo pubblico e familiare che funziona da palcoscenico senza orari e da archivio di fatti e detti memorabili.
Il loro pregio è di contenere un catalogo di storie immediatamente consultabile e rinnovabile secondo l’estro degli avventori, gli slanci, le ubbie, le inevitabili ripetizioni.
È lì che convergono persone, personaggi e, a volte, cantori eccentrici che nelle loro tirate reinventano l’atmosfera delle corti omeriche dove la prima cosa che si chiedeva era, appunto, se avevi o meno una storia nuova da raccontare.

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Un posto così l’ho conosciuto a Faiolo, frazione del comune di Montegabbione, in provincia di Terni.
Un’Umbria fatta di orizzonti distesi come nei quadri del Perugino, di poderi spazzolati con cura e di selve selvagge; un’Umbria di confine, tra la Val di Chiana e la Val Tiberina, scabra e fantasiosa.
Già il nome del bar è un programma, Ciaricé: c’è di nuovo nel senso che la famiglia Meconi ha riacquistato dagli ultimi proprietari l’originale licenza appartenuta al bisnonno Gustavo. In realtà, Ciaricé raccoglie il testimone del bar Giulietti che, tutti, continuano a chiamare la Bottega, perché un tempo era anche emporio.
La palazzina anni Sessanta, costruita da Arnaldo Giulietti, con il giardino alberato, la pista da ballo da restaurare, possiede un cimelio del decennio successivo, la cabina telefonica color canna di fucile, che ovunque ti trovassi aveva lo stesso inconfondibile odore.

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Un monumento alla discrezione, in cui ci si ritirava come in confessionale, facendo bene attenzione a non restare intrappolato nello scatto repentino delle due ante.
Dal 2013, la Bottega, alias Bar Giulietti, oggi Ciaricé ha due muse: Tosia in cucina, dietro al forno per la pizza al taglio e i dolci e sua figlia Valentina al bar e al negozio di alimentari.
Vista la familiarità e il piglio dei suoi clienti, Tosia ha dovuto fare un calendario, dove, per buona pace di tutti, sono elencati i giorni in cui sforna: martedì, treccine salate al formaggio e prosciutto; mercoledì, ciambelline con l’anice e poi daccapo venerdì, treccine; sabato, ciambelline. Crostate, ciambelloni, torte di mele, torta al testo da farcire (solo acqua, lievito e farina, cotte sulla pietra refrattaria) non sono nell’elenco, perché o l’una o l’altra le trovi sempre.
Quando è stagione, più certa è la torta alle fragole, amata e richiesta in modo particolare da Vincenzo, maestro nell’istruire i cani da tartufo e implacabile cercatore dei medesimi. Un uomo con il talento per la natura. C’è chi ha talento per la meccanica, per il calcio, per gli affari o per non far niente; lui ha un rapporto confidenziale, quasi magico con la natura e i suoi animali. Se lo incrociate, fatevi raccontare la storia del cavallo che fece il morto.

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Baciare la pasta

Si, quando Tosia ha finito di impastare i primi dieci chili di pasta lei li bacia dalla gioia così che noi, ogni volta che assaggiamo la sua pizza o le sue torte, siamo baciati in fronte dalla passione che mette nel farle.
«Mi piace cucinare, mi piace infornare – dice Tosia – ma così tanto che canto tutto il tempo».
La pizza, in ogni possibile variante, invernale ed estiva, delicata e tosta come quella ai pomodorini freschi o alla matriciana, scandisce i fine settimana.
Ma ci sono, poi, le serate dedicate alla spizzettata dove la cuoca si sbizzarrisce e i clienti sprofondano lentamente in una spirale di antipasti (pomodori ripieni, supplì frittatine, crostini…) pizze, musica, alla modica cifra di 9,50 euro, dolce e bibita compresi.
Difficile non farsi adottare anche il resto dell’anno.
Altrettanto impegnativi sono i pranzi di ferragosto con l’oca arrosto che veniva cucinata per la trebbiatura.
Il pranzo, di solito, comprende una scelta di lasagne al ragù o al tartufo, l’oca arrosto profumata con il finocchio selvatico raccolto alla curva della cava, il maialino al forno con le patate e la zuppa inglese alla Tosia secondo la ricetta di casa.
Per l’occasione, Ciaricé ospita un massimo di cento persone, sedute e servite a 23 euro.
Questo genere di menu, fuori dieta, arcaici, adatti a un faticare quasi dimenticato, sono nondimeno rassicuranti, hanno le stimmate della fame saziata, finalmente debellata.
Tosia ha accanto a sé Valentina e la figlia svolge, per così dire, il ruolo di ministro degli esteri, si occupa dell’accoglienza al Ciaricé.
Mi ha fatto assaggiare un suo cocktail, pensato l’altra sera e ribattezzato Ventitré e trenta, l’ora che inaugura la vera notte.
Il cocktail di Valentina è composto da succo di ananas, succo di frutti rossi, rum al cocco, prosecco e qualche goccia di vodka.
L’ho sorseggiato verso le sei del pomeriggio, mantenendomi lucido e appena appena euforico.

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Altri mondi

E poi c’è Gigi, un uomo fuori dal comune, mastro muratore, che giornalmente inforca la bicicletta e pedala in salita da Fabro Scalo a Faiolo.
È un habitué del Ciaricé e uno di quei cantori paesani che se li conosci ne hai subito nostalgia. Non è facile descrivere quello che vede e dice. Il suo mondo è un mondo in bilico o forse un mondo di traverso. È qui e là, sopra e sotto, nel presente, nel futuro e in un passato inedito.
Certamente, Gigi appartiene a quella onesta schiera di visionari che non fanno commercio delle proprie convinzioni. Capace di dire in modo ispirato un po’ come i poeti e certi predicatori che conoscono la vita, egli racconta ciò che ha sotto gli occhi, malgrado la cecità dei presenti.
Per esempio, i quattro alberi che scorge, entrando al Ciaricé. Uno, il più vicino al banco, con un cavallo legato e accanto agli altri alcune donne velate che fanno capolino, correndo e nascondendosi dietro ai tronchi.
Sempre la stessa scena. La prossima volta, farò anch’io più attenzione al portale davanti al Ciaricé dove, giura, è scritta una data: A.D.7, anno domini 7.
Da lì, si accede al Parlamento come, in altri luoghi precisi, non troppo distanti dalla Bottega, attendono sottoterra la balena, il vitello d’oro, animali mitici o idoli legati al popolo dei colli lunghi, visti in processione a Cerqueto.
Gente che abitava e forse frequenta ancora l’altopiano di Faiolo.
Hanno, questi esseri, una straordinaria somiglianza con le donne e gli uomini dipinti da Modigliani, come ha potuto accertare Edo Cinfrignini, mostrando alcuni quadri del pittore a Gigi.

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Due ricette

Pranzo della trebbiatura, l’oca arrosto. Un’oca di circa quattro chili è sufficiente per quattro adulti e un paio di ragazzini. Si prepara il battuto con la pancetta, meglio ancora con il guanciale, aggiungendo aglio, rosmarino, finocchio selvatico, raccolto alla curva della cava, fuori Faiolo, olio extravergine.
Si fanno dei tagli sulla schiena e sulle cosce dell’oca, riempiendoli con il battuto e lasciandone un po’ per massaggiare l’oca.
Il tempo di cottura è di due ore con il forno a 250 gradi.

Pranzo della trebbiatura, la zuppa inglese alla Tosia per 40 persone.

Pandispagna: 12 uova, 1 chilo di farina 00, 2 cucchiai di acqua e 2 di zucchero per ogni uovo, le chiare battute a neve, una buccia grattugiata di limone.
Crema: 20 uova, 1 litro di latte ogni cinque uova, 2 cucchiai di zucchero e 1 di farina per ogni uovo, un po’ di buccia di limone.
Girare a fuoco lento finché l’impasto non si addensa
Cioccolato alla mia maniera: ½ litro di latte, una caffettiera da sei persone (il caffè deve essere ristretto) 7 cucchiai di zucchero, ½ chilo di cacao amaro Perugina.
Si mischia il tutto e si lascia addensare a fuoco lento.
Preparazione: si divide il pandispagna in fette, non più alte di un dito, disponendole in un piatto cupo (fondo) e bagnandole con ½ litro di alkermes, allungato con un bicchiere acqua, e un bicchiere colmo di rum.
Si prosegue alternando crea e cioccolato fino a ottenere tre starti di pandispagna.
Il peso finale varia dai sei ai sette chili.

Ciaricé
Bar Pizza al taglio
Valentina Meconi
Località Faiolo, 9
Montegabbione
05010 – Terni
tel. 0763.837454

 

 

foto di Edo Cinfrignini