di Nicola Dal Falco.
Sicilia orientale – Un oste errante è un ossimoro, fisicamente e spiritualmente l’oste occupa un posto fisso e diventa tutt’uno con le mura che lo circondano. È capitano e nave, vigna e vignaiolo, fabbro e officina. Stefano Ferrante, invece, ha scelto di lavorare alla ventura, entrando e uscendo dalle cucine e dai ristoranti altrui a cui offre la propria competenza nella costruzione e realizzazione dei menu.
È un uomo molto rispettoso, direi gentile, ma con idee precise in testa, convinto di tre cose: usare materie prime e antiche, cucinare sul filo dei ricordi e farlo senza rinunciare però all’originalità.
«Mi piace suggerire qualcosa che abbia una storia – mi spiega – e fare in modo, al tempo stesso, che un piatto scaldi la curiosità, dia voglia di continuare con il successivo. Mangiando, dovremmo nutrire anche il cervello e arrivare a commuoverci attraverso la memoria dei sapori».
Trovo che abbia ragione, il cibo senza distinzioni è un afrodisiaco universale, ci mette in contatto con il mondo e ci fa muovere nel tempo: può eccitare, placare, rassicurare o al contrario irritare, deludere, dividere, palati, idee, umori.
La ricetta dei trucioli di Marchesi, proposta da Stefano, cerca di cogliere alcuni nessi. Ha dei risvolti sia personali sia legati al tipo di pasta, alla forma e alla consistenza.
«Ho notato – dice – che il truciolo è avido di sughi. Non va presentato troppo asciutto. Proprio per la sua “callosità” non andrebbe servito senza una minima componente liquida».
I trucioli, lenticchie di Ustica e bacon di sgombro sono stati pensati, ricordandosi della pasta materna, fatta con le lenticchie, il sedano e con la pancetta soffritta.
Da lì si parte, deviando subito e sostituendo il bacon con dello sgombro affumicato. Un voltafaccia di centottanta gradi, scegliendo un pesce grasso, cosiddetto povero e ricco di sapore. Un pesce-carne.
Ghiribizzo dell’immaginazione a cui si somma un tocco da esteta, visto che l’affumicatura è eseguita con dei trucioli di legno d’ulivo, piallati uno a uno dall’autore della ricetta. Allo sguardo, non si può dire che sia una composizione che segua le regole chic del minimalismo, intellettualmente frustrato, che insegue una leggiadria formale, evanescente come un sospiro.
Dal punto di vista cromatico, il blu metallico della pelle di sgombro, liberata però dalla pellicina trasparente, contrasta con l’oro vecchio dei trucioli e il color terra delle lenticchie.
Le diverse consistenze e i sapori (dolce, sapido, affumicato) mettono lo stomaco in movimento.
Trucioli, lenticchie di Ustica e bacon di sgombro
Per 4 persone
320 gr Trucioli Carla Latini Gualtiero Marchesi
250 gr di lenticchie di Ustica Presidio Slow Food
2 sgombri da circa 300 gr l’uno
½ cipolla bianca
1 carota
1 costa di sedano
Olio Extra Vergine di Oliva Zahara
sale marino non iodato
zucchero semolato
trucioli di legno di olivo
Preparazione
Sfilettare e diliscare lo sgombro, adagiare i filetti su di una teglia con la parte della pelle rivolta verso il basso, cospargerli di una miscela di sale fino e zucchero in parti uguali. La teglia va mantenuta inclinata per favorire la fuoriuscita dei succhi dal pesce e asciugarne le carni. I filetti devono riposare per almeno due ore, in frigorifero.
Mettere i trucioli di legno in una pentola di diametro adeguato alla vaporiera in bambù (non devono esserci fughe), incendiateli con un cannello e spegneteli per generare il fumo, coprire con la vaporiera, che conterrà gli sgombri, sciacquati dai residui di sale e zucchero.
Se necessario, ripetere l’operazione di accensione dei trucioli fino al raggiungimento del grado di affumicatura desiderato. Togliere la pellicina trasparente sul dorso del filetto lasciando la livrea dello sgombro.
Tagliare le verdure a piccoli cubetti, di lato uguale al diametro della lenticchia e fare soffriggere con un cucchiaio di olio d’oliva. Quando le cipolle si saranno colorate, aggiungere alla pentola le lenticchie e coprire con 0,75 lt di brodo vegetale fino a cottura; se il composto si asciuga troppo aggiungere altro brodo. Regolare di sale solo a cottura ultimata.
Cuocere i trucioli in acqua bollente salata per 14 minuti, poi ripassarli in padella insieme a un filetto di sgombro tagliato a cubetti per un minuto. Impiattare, avendo cura di aggiungere uno specchio di brodo di cottura delle lenticchie sul fondo del piatto per dare umidità e completate con lo sgombro crudo affettato.
Dove passa l’oste errante
Catania
Buatta – Birreria con cucina creativa
Per Buatta, Ferrante ha curato il menu, creando, tra gli altri piatti, il cunzatizzo, una reinterpretazione contemporanea del pane cunzatu. Da segnalare il beef delight, realizzato con manzo cotto 12 ore con birra Scotch Ale e condito con salsa teriyaki, zucchine allo zenzero e Ragusano dop semistagionato.
Cutilisci – Ristorante e pizzeria con attenzione al cibo naturale.
Ha ideato il menu del ristorante. Menzione speciale per gli spaghetti di grani antichi siciliani con crema di Mandorle di Noto (presidio Slow Food), vongole, zeste di limone e pesto di prezzemolo.
Punto – Concept store e caffetteria
Ha curato l’offerta gastronomica della caffetteria e dello store. Da citare l’insalata Umami, realizzata con mozzarella di bufala Bubalus e zucca marinata con cui è stato ricreato il gusto del pomodoro anche d’inverno.
Siracusa
Piano B – Pizzeria Gourmet
Ferrante ha seguito gli abbinamenti degli ingredienti per le pizze, le insalate e i burger gourmet. Tra le pizze, la Dei Nebrodi, con provola affumicata a legna, patate, porri stufati e guanciale di suino nero dei Nebrodi (Presìdio Slow Food).
Movimentocentrale – Bike cafè
Ha realizzato l’offerta gastronomica durante l’avvio del bike caffè. Tra le proposte spicca il panino di Tumminìa con ricotta, pesto di fave fresche e cipolletta arrosto.
Ragusa
Crescente – Osteria contemporanea e pasticceria
Dopo il restyling del locale, Ferrante ha ridisegnato l’offerta gastronomica, fondendo costantemente tradizione e innovazione in un contesto informale e molto accogliente. Tra i piatti, basterebbe citare il cappuccino di zucca con cornetto salato: l’effetto cappuccino è dato dalla fonduta di ragusano, da una spolverata di pepe e dalla forma della tazza