Ho conosciuto la famiglia Uberti dalle parole del mio carissimo amico, nonché Direttore del panel di degustazione per i vini Franciacorta DOCG di Vini Buoni d’Italia, Alessandro Scorsone, che me ne ha parlato durante un viaggio in Franciacorta, senza però entrare nel merito della storia familiare e aziendale che avrei scoperto nel conoscerli di persona.
Così, una volta terminate le degustazioni in consorzio, decidiamo di recarci in cantina; ad attenderci il patron Agostino e la moglie Eleonora, accompagnati dalla secondogenita Francesca, all’epoca in dolce attesa, e da suo marito Luigi.
Luigi, insieme al padrone di casa Uberti, ci porta a visitare la cantina, che dalla nascita, nel lontanissimo 1793 ad oggi, ha visto numerose ristrutturazioni ed ampliamenti, nonché l’acquisizione di diversi appezzamenti vitati, ben esposti, all’interno del territorio franciacortino. L’azienda nasce con una superficie vitata di soli 9 Ha mentre oggi i vigneti di proprietà arrivano a ben 25 Ha, l’ultima ristrutturazione risale al 2009.
La coltivazione è in regime assolutamente biologico e nel pieno rispetto del terroir.
Maniacale è la cura e la pulizia che ho trovato in cantina, le zone di produzione sono distinte tra loro, ma accomunate allo stesso tempo dall’ordine che regna sovrano; parte del merito è certamente della primogenita di casa Uberti, Silvia, che è anche l’enologa dell’azienda, con un curriculum di tutto rispetto, avendo lavorato in Champagne.
Non poteva ovviamente mancare uno spazio dedicato alla riserva storica dell’azienda che, come ho detto in precedenza, è nata nel finire del XVIII Secolo, quando la Franciacorta non era affatto il territorio di vocazione vinicola che conosciamo oggi.
Spesso si dice che dietro un grande uomo c’è una grande donna, quest’affermazione mi trova totalmente d’accordo e devo dire che, durante la serata trascorsa da Uberti ne ho avuto l’ennesima dimostrazione.
È anche grazie ad Eleonora che quest’azienda ereditata da Agostino nel 1980 entra in gioco in maniera così sorprendente e prepotente nella moderna Franciacorta.
Sono diverse le tecniche utilizzate per la produzione dei vini e delle bollicine di casa Uberti, ma ce n’è una in particolare che non ha precedenti e che è stata messa appunto grazie alla follia di Silvia, ovvero la tecnica di produzione del Quinque, dal latino cinque: cinque annate che danno vita a questa fantastica Cuvée di cinque vendemmie e cinque diversi cru di sole uve Chardonnay.
La raccolta è rigorosamente manuale e i grappoli sono attentamente selezionati; la fermentazione avviene in recipienti di rovere naturale e dopo 6 mesi circa si assembla l’ultima vendemmia con le precedenti; questo procedimento è avvicinabile al metodo soleras. Una volta effettuata la vera Cuvée si passa alla rifermentazione, che vede il vino base fermo per almeno 90 mesi sui propri lieviti, il Remuage è rigorosamente manuale e le bottiglie, per le prime due edizioni, solo in formato Magnum, da ottobre 2017 sarà disponibile anche nella classica bottiglia da 0,75 L. Nella prima e nella seconda edizione sono stati ottenuti solo 2540 esemplari, tutti rigorosamente numerati.
Il Quinque si presenta brillante, dal colore giallo paglierino, molto intenso, elegante ed ampio il bouquet olfattivo, che spazia dal floreale al fruttato, senza tralasciare la speziatura ed una leggera nota vegetale, il tutto accompagnato da un sottofondo gessoso che accomuna le cinque particelle di terreno su cui nasce questo spettacolare vino.
Al palato è pieno, succoso, masticabile e corrispondente, di spiccata piacevolezza, molto fresco e allo stesso tempo di grande sapidità, sorprendente è la persistenza gustolfattiva.
Come tutti i vini di casa Uberti è di rara eleganza, un’eleganza sussurrata e non sbandierata, che lo rende un vino non adatto a tutti, ma se volete degustare un’eccellenza spumantistica italiana, Uberti è la scelta giusta e se possedete o se avete la possibilità di degustare una bottiglia di Quinque , sarete tra i 2540 fortunati o poco più; scusate se è poco.