Le smanie del gingko biloba,
la nuca ritta del cipresso
e spavalda dell’olmo;
la finta, salottiera, lettura del salice,
pronto sempre alla battuta,
le froge aperte del pioppo,
guatando arie oltre l’argine;
lento ballo circolare
delle querce, cresciute sui confini
solo per lo sguardo
e mandarina solitudine del pino
marittimo;
belare di greggi nella chioma
smossa dell’ulivo,
crepitio di fiamme sulla linea
dei larici alla fine di settembre
e perduta innocenza del caco,
appena dopo;
pudori del fico e della vigna, cauti svergognati,
piedi in fuga d’allori,
il maggio alchemico, ossessione
delle ginestra in fiore,
ma fra tutti, alberi e arbusti
confusi in sogno, saluto
il rosmarino che senza vederlo
annuncia il mare, in rugiada
e azzurro.