Siamo immersi nel tempo, in un’acqua fonda, senza contorni, che aderisce ad ogni gesto e pensiero.
Potremmo ricambiarlo con la stessa indifferenza. Possibilità che spesso accade fino a quando, all’improvviso o deliberatamente non entriamo in contatto con lo spazio.
Lo spazio decreta la distanza tra due oggetti, mette l’occhio a squadra col cuore.
Ci fa sobbalzare, cancellando di colpo l’abisso verso un inciampo immediato, costringendoci a pensare il tempo.
Per questo motivo, il primo oggetto del poetare non può che essere il paesaggio dove si definisce la distanza tra le cose, i fenomeni e se stessi.
È anche straordinario come appena ci si incammini nel paesaggio il tempo non sia più avanti, ma accanto, sopra e dietro. Non si lasci più contemplare e come ammansito, ridiventi flusso che preme e contemporaneamente sostiene.
Poi, di nuovo, l’aprirsi di una finestra sullo spazio, la visione di un luogo ampio ristabilisce il dominio di Crono.
@rodarum