s’accende la stanza
appena il sole, saltando
le cime,
irrompe dalla finestra
sono allora le cose
trafitte,
chiamate all’ordinato
silenzio
di cose, mentre
prima vibrava
arrendevole un caos,
forse una nenia,
un pieno mai all’orlo
tra sguardi protesi
nel tuffo,
zenit
di slancio e portanza,
ora che la luce tinge
anche gli angoli
di ovvie apparenze,
pare cessato
l’inquieto, festivo
dimenarsi di forme
e occhiate
un marmo senza trionfi
modella l’attesa
fino a che l’ombra
si specchi di nuovo nel buio,
torni intenzione,
sfera possibile,
rapido immoto
sguardo presente,
corta sottana
di liquida creta