Dice il poeta che il moto continuo
Sia fonte di gioia, sua rappresentazione,
Il contrario, invece, un affogarsi
Nella malinconia, un rigor vitae,
Alla spontaneità degli uccelli
Al loro svolare e cantare (senza pace)
Sarebbe affidato l’indizio della felicità,
Un contrario cosmico, tanto più utopico
Quanto lieve, visibile a tutti, meritato
Dagli uccelli in unico e sommo grado
Per una qualche ragione, affiorata
Nel farsi del mondo.
Ora, questo sprazzo di felicità originale
Pare così avulsa dal resto che sembrerebbe
Più un avvertimento, uno specchio magico,
Capace di riflettere il vero in forma paradossale.
Si, gli uccelli cantano, volano e non c’è
Requie, incalzano come il levarsi d’albe
E crepuscoli l’ordinata sequenza dei giorni
Che ordinata non è se non grazie a quel po’
D’artificio che gli uomini hanno seminato
Per concedersi l’idea benigna di un ritmo;
Allora, all’elogio degli uccelli, aggiungerei
Una preghiera delle rocce, uniche a darsi
Con invidiabile durata, miglior contegno,
Assaporando e non misurando lo sgretolarsi
Del tempo, forme instabili, ma consapevoli
Di cosa realmente sia l’annunzio della felicità,
Un abbaglio che indica nella stasi
La dignità di stare al mondo.