Chi mi conosce bene sa che, circa 62 anni fa, sono nata a Cagliari.
Ci sono vissuta per diversi anni finché il richiamo del continente, per i miei genitori, si è fatto troppo forte.
In seguito ho girato città e paesi legandomi a tradizioni e storie che ho provato a fare mie. Il papà calabrese di Villa San Giovanni, la mamma abruzzese di Pescara, la nonna materna jesina, la tata di Controguerra, i parenti di papà in Toscana, in Puglia, in Friuli, quelli di mamma in Abruzzo, a Roma, in Giappone.
La mia vita giovanile ‘in Ancona’, il matrimonio con il mio amore contadino osimano, Carlo.
Quindi marchigiana d’adozione e, soprattutto, perché i miei adorati figli, Michele e Teresa sono nati ad Ancona.
Ma, lo confesso, non sono mai appartenuta a luogo alcuno.
Sono tornata a Cagliari, da allora, 4 volte. 5 se conto il viaggio di due giorni fa.
Poche, è vero, ma molto intense.
Ogni volta che sento il corretto italiano sardo mi commuovo. Radici profonde di ricordi inconsci. Da che età si comincia a ricordare? Oppure ricordiamo quello che i nostri cari ci raccontano attraverso foto ben conservate e parole che diventano passato?
Due giorni a Villasimius
Due giorni affettuosi in famiglia. Che da soli, per il loro valore, potrebbero essere stati ovunque ma che qui con la bandiera che sventola i 4 mori hanno un altro significato. Che è solo il mio.
Primo giorno, Baia di Simius
L’hotel che ci ospita è il Simius Playa. Immerso in un vera foresta tropicale. Atmosfera coloniale molto elegante, camere essenziali ed efficienti. La nostra è la 34 e guarda dritta negli occhi la piscina accanto al salone degli aperitivi che finisce con il bar. Il personale proviene da ogni parte della Sardegna è molto professionale e all’occorrenza confidenziale. Alla prima colazione, internazionalmente sarda, accoglie i clienti di sempre con accenni delicati a abitudini e preferenze. Un privilegio per chi soggiorna.
Una coppia agé ci osserva e lui sussurra alla moglie che non ci ha mai visti. Vorrei presentarmi, poi rido e vado in spiaggia dove la mia famiglia mi aspetta.
Il Maestrale ha pulito il cielo e il mare è, vezzosamente, imbronciato. Trasparente e brillante come la sabbia bianca. Sto bene, il mio respiro è leggero e la stanchezza si allontana senza farsi sentire. Al ristorante della pausa pranzo/mare ci salutano come vecchi amici. Spaghetti con vongole e bottarga, trofie al pesto e, sorpresa graditissima, passato tiepido di ortaggi di stagione. Il pane carasau, condito con olio e rosmarino, rende ancor più croccanti i dadini di pomodoro fresco.
Villasimius è un piccolo paese di recente costruzione che gode della luce riflessa dalle cale che arricchiscono la splendida costa.
Promontori, baie, oasi protette, musei archeologici ecc… La sera dove mangi, mangi bene. Che sia una pizza o una fregula. Il cuore sardo pulsa in ogni locale.
Ho amato subito il Relax Wine Bar. E’ stata la voce graffiante dolce e sensuale de La ragazza con la chitarra 96 a farci fermare.
Franciacorta Uberti e aperitivo classico. Pubblico giovanissimo e bello. Accanto, nella Pizzeria Sa Morisca, ritrovo le Orziadas che mangiavo con papà.
Sono immersa dentro una tenerezza infinita.
Secondo e ultimo giorno di mare, Baia Giunco
Inseguiamo l’oasi protetta dei fenicotteri rosa e prendiamo un ombrellone ultima fila alla Cala di Porto Giunco.
Il Maestrale fa sentire la sua ventosa presenza con raffiche improvvise.
Sventola bandiera gialla e vengono montati pannelli protettivi. Pesci trasparenti e quasi luminosi fanno il bagno con noi.
L’unico ristorante in zona, Delfino club La Plage, fa turni su turni trasformando tavoli da due in tavoli da otto e viceversa. Le cozze sono mare puro, gli spaghetti con le vongole come sopra, i gamberi rossi grigliati potete immaginare. Cibo e vino diventano da buoni, migliori se il tempo trascorso è carico d’amore. Se il bianco caldo e accecante della sabbia contrasta con i diversi blu, tanti, di cielo e mare mentre il verde scuro della reale macchia mediterranea rilascia i suoi profumi.
Seconda sera, si torna alla spiaggia dell’albergo
Le coccole sono infinite. Fatte di granite biologiche e parole mai banali. In paese ci sono le giostre e un clown giocoliere funambolo intrattiene grandi e piccini.
Le risate infantili sono cristalline. Bicchieri che brindano e tintinnano alla faccia del galateo.
La sera, nella grande sala accanto al bar, brindiamo con un metodo classico locale di rara bontà che si chiama Aristanis.
Divani, tavolini bassi, tappeti e poltrone sembrano arrivati da viaggi lontani che fermano, concretamente, emozioni e immagini passate.
Il pecorino, le polpette dì melanzane, il salame fanno il resto. Ci affidiamo alla bella sommelier per il vino fermo della cena.
Crudi di gamberi, uova al tartufo, culurgiones tradizionali ripieni di pecorino e patate, fritti con alici impanate. Alici marinate e pomodori rossi maturi e succosi si alternano allo scrosciante pane carassau, spaghetti con scampi e ricci di mare.
Sgranocchiando dolcetti sardi, caldi, che gustoso tepore, finiamo il Vermentino Depperu Riunas 2022.
Conclusione sarda
“Troppo breve e troppo intenso” rispondo al concierge quando mi domanda com’è stato il soggiorno.
2 giorni interi non possono bastare per placare il groppo alla gola e asciugare la lacrime agli occhi che mi offuscano la vista mentre guardo il sole dal finestrino dell’aereo che ci riporta a casa. Rivedere e riabbracciare i miei cari nei luoghi delle mia infanzia, per la prima volta, ha scatenato riflessioni sul prossimo futuro e sui miei desideri. Perché i sogni son desideri e non posso impedir loro di scattare come molle.
Sono orgogliosa e soddisfatta dei progressi fatti dalla mia terra natia. Amo i suoi abitanti simpatici e caparbi, ospitali e sbrigativi. Risolutivi e appassionati come il Maestrale che, quando è in vena, ne combina di tutti i colori. Ciao Sardegna mia bella. Questo non è un addio ma un arrivederci: à tout à l’heure!