A lui sarebbe parso come il peggior scherzo che qualcuno potesse tirargli: pubblicare le ricette dei propri piatti, dopo aver affermato che non l’avrebbe mai fatto, che pochi potrebbero servirsene in maniera corretta e che, soprattutto, un piatto, i suoi piatti, sono opere. Come dire vuoi copiare un Fontana, un Pollock, un Manzoni…? Auguri. Lui, sì, si è ispirato all’arte, ma per fare nuova arte, per esprimersi. Non è andato a calcolare il peso degli ingredienti, ma a guardare per ispirarsi.
Opere è stato il suo ultimo libro, sempre senza ricette, a cui chiedeva, come in una pinacoteca che fossero solo i piatti a parlare.
Così tanto composizioni da provocare il curioso effetto di essere loro a guardaci e non noi a contemplare loro.
Ed ecco che La Gazzetta dello Sport e il Corriere della Sera fanno l’impresa, impossibile vivente il cuoco, di pubblicare il ricettario Marchesi in venti fascicoli, settimanali. Proprio come si realizzano i suoi piatti storici, uno ad uno, passaggio dopo passaggio, fotografato singolarmente.
L’occasione di pubblicare un’opera di grande diffusione, acquistabile in edicola insieme alla Gazzetta dello Sport o al Corriere della Sera, è stata possibile solo grazie a una ricostruzione filologica delle ricette, coordinata da Enrico Dandolo, genero di Marchesi, segretario generale della Fondazione Gualtiero Marchesi e chairman del Gruppo Gualtiero Marchesi e al fatto che uno degli ultimi progetti di Gualtiero Marchesi – aprire un ristorante sull’acqua – venne realizzato ed è sempre in funzione.

Gualtiero Marchesi Enrico Dandolo
Al Grand Hotel Tremezzo, sul Lago di Como, dove quotidianamente rivivono i piatti più celebri, nella cucina diretta da Osvaldo Presazzi, è stato istallato il set fotografico che ha permesso di illustrare ogni tappa nella realizzazione delle ricette.
La grande cucina di Gualtiero Marchesi riunisce, per la prima volta, settecento ricette, trentacinque per ogni fascicolo, di cui cinque ricette iconiche.
Sono, praticamente, quarant’anni di cucina italiana, dal 1977 al 2017, che hanno coinciso con il percorso di un uomo che non avrebbe voluto fare il cuoco, ma che è riuscito a cambiare la mentalità, dare contenuti e valore a un settore che era pigramente addormentato tra cucina internazionale e cucina delle nonne.
Il bivio Marchesi-Adrià
Cosa rimane del suo insegnamento? Molto di più di una strada segnata. Resta l’idea di un bivio, il fatto che, oggi, a livello mondiale, esistano due possibilità. Quella, studiata e difesa con caparbietà da Marchesi, basata sulla preliminare conoscenza dei fondamentali del mestiere e il rispetto degli ingredienti, secondo il detto brasiliano: «lascia com’è per vedere come rimane» e l’altra, propugnata con un altro tipo di orgoglio, mefistofelico, che al cuoco sia concessa ogni licenza.
Ci riferiamo alla cucina di Ferran Adrià, in cui non vale il comandamento marchesiano che la «materia è forma», ma l’esatto contrario secondo cui ogni ingrediente può mutare in più stati fisici, cambiando radicalmente aspetto e consistenza.

Riso e oro
Venticinque anni insieme
Per venticinque anni, dal 1992 alla sua morte, ho avuto il piccolo grande onore di scrivere per e con Gualtiero Marchesi, Una scrittura all’ombra, dove, quasi quotidianamente, il maestro lasciava al sottoscritto l’elaborazione dei propri pensieri, spesso arringhe o paradossi, a volte ricordi e puntualizzazioni un passo prima del fare. Il suo mondo delle idee era un universo strutturato, tanto ricco di concetti quanto di esperienza e questo gli evitava la grana di doverle rincorrere, di farsi abbagliare dalle giravolte delle mode
Marchesi aveva tutto ben chiaro in testa ed era capace di ribaltare gli schemi come fa un adolescente maturo o un vecchio privo di ipocrisia. A volte mi chiedeva se avrebbe potuto dire una certa cosa, in un certo modo. Non che non si fidasse della propria arguzia, aveva piuttosto timore che capissero fischi per fiaschi. Inevitabilmente, gli rispondevo che se non poteva permetterselo lui chi altri poteva farlo?
Alla collana La grande cucina di Gualtiero Marchesi ho partecipato, scrivendo l’introduzione e la parte finale di ogni fascicolo, riversando molto delle conversazioni con il cuoco.
Mi resterà ben impresso un suo concetto, relativo allo scrivere di cucina. Ribadiva che i cuochi avrebbero più bisogno di onesti cronisti, gente che sappia raccontare bene le sfumature e per tempo le novità, piuttosto che di troppi critici, poco sapienti in cucina.
Se proprio si deve trovare un neo nell’opera di Gualtiero Marchesi è di aver sottolineato il lato artistico della cucina, convincendo molti ad autodefinirsi tali o anche solamente a reputarsi dei creativi. La frase, che non aveva alcuna intenzione di sdoganare un’arte di maniera, posticcia, in cucina suonava così: «La cucina è di per sé scienza, sta al cuoco farla diventare arte».
Tutto giusto, in base al talento individuale e solo dopo che il cuoco o aspirante tale avesse conquistato una solida base scientifica, padroneggiando chimica e fisica degli alimenti oltre a una conoscenza approfondita delle risorse enogastronomiche, diverse per ogni microclima.
Ed ecco, l’elenco degli argomenti per ogni fascicolo: Pasta fresca e secca, Riso e risotti, Antipasti, Carni, Pesce, Verdure e legumi, Dolci, Pasta ripiena e al forno, Zuppe e Minestre, Ricette delle feste, Carni bianche, Piatti unici, Gnocchi e polenta, Dolce e salato, Fritti, Molluschi e crostacei, Selvaggina, Salse, creme e condimenti, Erbe aromatiche e spezie, Uova e formaggi.
I fascicoli escono il martedì, abbinati a La Gazzetta dello Sport o al Corriere della sera al prezzo di 10,99 euro oltre al costo del quotidiano.