Le due precedenti ricette di Ciccio Sultano, pubblicate in Ciccio Sultano ricettario #1_2013 e disegnate da Fabrizio Foti, sono uscite nella rubrica Lettere a mano, il 1° maggio e il 14 maggio 2014.

Cassata di ricotta

Pan Di Spagna All’Alkermes Dell’Officina di Santa Maria Novella, Marzapane, Frutta Candita, Gelato Al Pistacchio di Raffadali E Salsa Di Cioccolato All’Acqua

Tintu è cu nun mancia a cassata a matina ri Pasqua.

E fortunato chi s’addormenta ancora, sognando il sogno della ricotta, l’oro bianco del gregge: quella di Polifemo, nell’antro pastorale, un attimo prima che si trasformi, per la doppia tentazione del vino e delle carne umana, nella tana del mostro. Felice chi se la mangia, mischiandola col miele, alla maniera greca; beato chi la usa seguendo la ricetta delle monache di Valverde, in odore di penitenza, e sazio, veramente sazio, chi la conosce nella versione più nota, presentata a Vienna, nel 1873, dal pasticcere palermitano Cavaliere Salvatore Gulì.

Sul nome cassata, ci schieriamo con chi preferisce caseatus o caseata, la focaccia, ripiena d formaggio che risale ai romani, citata da Petronio, rispetto all’arabo qas’ah (scodella). Secoli dopo, nel Trecento, Angelo Sinesio, abate di San Martino delle Scale, nel suo Declarus, primo vocabolario siciliano-latino, alla voce cassata scrive: cibus ex pasta panis et caseus compositus. Esisteva ed esiste, quindi, una cassata al forno, dolce monacale, tondo come il sole, morente e risorgente, legato alla pasqua del Figlio di Dio.

La stravagante bellezza dei vocabolari ci induce anche a ricordare, grazie al sacerdote Rosario Rocca da Aci Reale che nella lingua dell’isola usa dire cassata sia per «macchia d’inchiostro su la scrittura» sia per uno che è stata «ferito mortalmente». Mentre fare cassatini vale nel senso di fare sgorbi. Chissà se l’espressione chiami o meno in causa il Cavaliere Gulì e la sua pantagruelica cassata, decoratissima come la giacca di un ambasciatore.

Da questi quarti di nobilità, di ricordi millenari, nasce la cassata di Ciccio Sultano dove gli ingredienti sono specificati con la maiuscola, preposizioni comprese: Pan Di Spagna All’Alkermes Dell’Officina Di Santa Maria Novella, Marzapane, Frutta Candita, Gelato Al Pistacchio di Raffadali E Salsa Di Cioccolato All’Acqua.

Mandarino di Ciaculli e pistacchio di Raffadali

Un piatto che snocciola il suo rosario d’ingredienti lo fa perché il palato si prepari, ascolti con attenzione e ripassi la geografia che, nel caso della Sicilia, è fatta di isole concentriche.

«Ho scelto il pistacchio di Raffadali – spiega Ciccio Sultano – per sfatare il mito di Bronte. Sono, invece, categorico, nell’uso del mandarino candito che deve essere quello tardivo di Ciaculli – mentre l’alkermes dell’Officina fiorentina e la cioccolata al 100 per cento fanno la differenza tra eccellente e buono.

«L’idea della salsa al cioccolato, fatta con l’acqua – aggiunge – è un paradosso. La emulsiono, lì per lì, e si mangia con il resto prima che i due elementi inconciliabili, cioccolato e acqua, si ridividano.

«Succede come nelle comitive di amici. In questa comitiva di ingredienti c’è anche l’acqua, lo stupido che non può mancare, che con le sue ingenuità tiene insieme la compagnia, la rende allegra e tollerante».

ingredienti (per 4 persone)

5 dischetti di pan di Spagna del diametro di un tubo d’acciaio di5 cm

Alkermes quanto basta

500 grammidi ricotta

200 grammidi zucchero

4 dischetti sottili di pasta di mandorla pizzuta d’Avola

gelato al pistacchio

frutta candita

procedimento

preparare tutto il giorno prima meno il disco di marzapane; adagiare i dischetti di pan di Spagna sul fondo del tubo; bagnarli con una base fatta di Alkermes, acqua e zucchero;

Setacciare un composto di500 grammidi ricotta scolata dal suo liquido con200 grammidi zucchero; riempiere di ricotta il tubo di acciaio fino a1 cmdal bordo;

adagiare sopra un dischetto di marzapane e la frutta candita

per il marzapane

lavorare 100 grammi di mandorla pizzuta d’Avola e 100 grammi di zucchero nella raffinatrice (va bene anche la pasta di mandorla prona, che deve essere stirata con un mattarello, usando lo zucchero a velo come se fosse farina)

per la salsa di cioccolato all’acqua

frullare 250 grammi di acqua con 50 grammi di cioccolato al 100 per cento di un cru di ottima qualità

per il gelato al pistacchio

fare una base di gelato con mezzo litro di latte, 200 grammidi zucchero e 2 tuorli; portare a 75 gradi, togliere dal fuoco e aggiungere mezzo litro di panna;

frullare con un po’ di base di gelato freddo300 grammidi pistacchio di Raffadali e200 grammidi zucchero; passare il tutto al passino, frullare15 grammidi stabilizzante, incorporare al tutto  fare mantecate il gelato

per servire

sformare sul piatto, decorare con frutta candita a pezzetti e servire con una pallina di gelato e cospargere il fondo del piatto con dell’acqua al cioccolato.

Ragusa Ibla – Io non lo so, ma, ogni volta, che osservo qualcosa fatta da Ciccio Sultano, mi pare di non essere più uno che ragioni, ma uno che cammini e senza pensieri, con le mani in tasca, se ne vada contemplando il reame di fuori, la Contea, il mondo. Non importa quanto la passeggiata sia lunga o corta, importa quello stato d’animo sospeso, quel minimo divenire che, passo dopo passo, abbraccia immagini: gesti, piante, animali, vedute, lasciando che penetrino lentamente, di poro in poro, come un’arietta marina, un refolo del campo, un profumo di donna.

Per farne che? Forse solo un rosario di ricordi, un altarino di cose profane, destinate a diventare sante appena la lontananza o addirittura l’assenza ti assale. Ho imparato a guardare i piatti di Sultano come se fossero delle piccole mappe, schizzate di volta in volta da un pescatore, da un ortolano, da un pastore, da un cacciatore, da un contadino, da un distinto signore che rincasa tardi e da un altro che invece si sveglia e parte presto.

Una mappa che elenca e nomina

E ora capita che Sultano abbia deciso insieme all’associazione Architettura plug-in di stampare un ricettario, evitando di usare la fotografia e affidando la descrizione visiva della ricetta ad un disegno. Un lavoro di matita, acquarello e pennino a china che Fabrizio Foti affronta con mano sicura e leggera.

Che differenza tra la fotografia in sequenza di un piatto e lo schizzo di una mappa dove gli ingredienti sono tutti lì, disposti su di uno stesso piano, gratificati della stessa importanza! Quel tipo di foto non raccontano, si limitano a riprodurre lo stato d’avanzamento dei lavori. Se arrivi a fare qualcosa che assomiglia alla foto, sei (forse) sulla buona strada per imitare come una scimmia il grande cuoco o la brava massaia. Il disegno di Foti, invece, si sviluppa orizzontalmente, assomiglia ai mosaici antichi dove quasi mai vengono rispettate le proporzioni.

La scelta presuppone un’altra visione, frutto di un occhio interiore che elenca e nomina e non di una mente che regola. È la stessa differenza che corre tra l’ingegnere e il santo, mentre al contrario potremmo trovare una somiglianza profonda tra l’operare dell’architetto e quello del cuoco, ambedue concentrati sulla composizione, sul rapporto tra vuoto e pieno, tra la permanenza delle forme e i cambiamenti della luce. Il cipolotto o il sanapo, sono già. L’uso che ne faremo è una forma di ringraziamento nei confronti del creato, dell’esistente.  Alla mappa, poi, sono state aggiunte delle frecce che mostrano le relazioni intime tra gli elementi. A chi maritare questo e quello.

La collaborazione tra Ciccio Sultano e Fabrizio Foti, architetto e disegnatore, si è sviluppata, seguendo questa progressione: cliente dal 2001, poi amico, poi architetto incaricato della ristrutturazione della casa e di una serie di interventi per il ristorante, eseguiti e tuttora in corso. Amicizia e collaborazione proseguono, perché come sottolinea Foti: «Con Ciccio ci siamo presi subito».

 di Nicola Dal Falco